LE PREMESSE IN UN INCARICO COME CTP IN UNA SEPARAZIONE CONFLITTUALE - 26 maggio 2021
L’incarico come Consulente Tecnico di Parte in una separazione con minori (senza minori è molto improbabile occorra una CTU) richiede un approccio basato su una premessa molto precisa da parte del Consulente incaricato.
Essa è comunemente accettata – almeno a parole – da parte di tutti, ed è che la tutela va attuata innanzi tutto nei confronti dei minori coinvolti. Si tratta di una premessa abbastanza logica: a prescindere dal fatto che i figli di una coppia in separazione non hanno chiesto di essere messi al mondo, va sempre ricordato che quegli stessi figli non hanno nemmeno chiesto di trovarsi in una separazione conflittuale, non hanno chiesto che vengano coinvolti avvocati, giudici o consulenti di varia natura, e in ogni caso sono le parti autenticamente “deboli” della vicenda.
Come scrivevo sopra questa premessa è abitualmente accettata da tutti i protagonisti indistintamente. Che siano gli Avvocati, i Giudici, i consulenti, gli stessi genitori, tutti concordano in linea di principio sulla necessità di tutelare i minori.
Ma proprio trattandosi di una affermazione di principio essa è per forza generica e può essere declinata in modo ambiguo. Perciò ecco che il singolo genitore se ne esce con affermazioni del tipo “proprio per tutelare i nostri figli occorre che io abbia ragione”, oppure “occorre che l’altro genitore giri alla larga”, o comunque “occorre che si affermino le mie ragioni”. E fin qua nulla di male, ci mancherebbe, parliamo di una parte in un procedimento che oltretutto attiva altissime componenti emotive, quindi non c’è da sorprendersi.
Il fatto è che in questo malinteso inciampano facilmente anche i professionisti coinvolti.
Innanzi tutto gli avvocati, che però hanno varie scusanti:
a. La prima è che in fin dei conti fanno il proprio lavoro, che è quello di schierarsi a favore della parte che li paga.
b. La seconda è che non hanno necessariamente le competenze per andare oltre quello schierarsi.
c. La terza è che – piaccia o no – dal conflitto ci guadagnano. Quest’ultima considerazione ovviamente non vale per tutti, ma per qualcuno sì.
In secondo luogo i consulenti tecnici, che hanno scusanti meno giustificabili.
a. La prima può essere molto banale: se mi oppongo alla linea proposta dall’avvocato che mi ha nominato non riceverò più incarichi da parte sua.
b. La seconda è più legata all’inesperienza, e consiste nell’identificarsi con la parte, prendendo le sue difese a prescindere.
Un CTP schierato acriticamente dalla parte del proprio cliente può fare molti danni, perché molto semplicemente rischia di promuovere nel suo cliente – quando addirittura non li pone in essere in prima persona – comportamenti che ottengono come unica conseguenza quella di perpetuare il conflitto, che è la prima cosa che in una CTU andrebbe combattuta.
E allora come fare?
Occorre intervenire sulle premesse, e qui si torna all’inizio di questo approfondimento. Non sulla premessa di base che è la tutela dei minori coinvolti su cui si è visto che tutti sono d’accordo e in molti fanno confusione, quanto su un’altra premessa che sta alla base del concetto di “parte” e di “interlocutore”: chi è il primo e ineliminabile interlocutore per un Consulente Tecnico di Parte? Deve essere il proprio cliente. È su di lui che va svolto il principale lavoro, è lui il primo fronte con cui confrontarsi. Questo confronto deve avvenire per ottenere due importantissime prese di coscienza:
1. la prima è il ruolo che egli ha avuto nel processo separativo, che non avviene mai per iniziativa o per responsabilità di una sola delle parti.
2. La seconda è la presa di coscienza – difficilissima e travagliata – del fatto che anche l’ex partner ha le proprie ragioni.
Premessa per questi passaggi è la consapevolezza per il professionista della sostanziale erroneità di un modo di ragionare lineare (causa / effetto) e dicotomico (tutto o niente, buono o cattivo, ragione o torto), e questo ovviamente deve far parte del suo bagaglio culturale e formativo. Il passaggio cruciale consiste nella capacità di agevolare un simile percorso di consapevolezza anche nel proprio cliente, accettando tutta la difficoltà ed estrema gradualità di qualsiasi cambiamento in questa direzione.
La condizione quasi indispensabile perché questo processo possa aver luogo è che il medesimo modo di ragionare sia condiviso anche dall’altro professionista. Perché un processo come questo, per funzionare, deve essere condiviso.