Alice Sebold - Amabili Resti - Edizioni E/O
L’avvicinamento a questo libro è pieno di aspettative.I motivi sono due.
Il primo motivo ovviamente riguarda l’argomento. Una ragazzina violentata, uccisa e fatta a pezzi a tredici anni è l’io narrante di quanto accade nella sua famiglia, nella sua comunità (assassino incluso) a seguito della vicenda traumatica in cui tutti si sono trovati coinvolti, seppure in modi diversi.
Il secondo motivo, di carattere più squisitamente letterario, è legato allo straordinario successo che questo libro ha avuto, al punto da risultare il romanzo primo più venduto nella storia della letteratura americana.
Indubbiamente le attese vengono ampiamente rispettate, almeno nella prima parte del libro. Il senso di sgradevolezza delle prime pagine (quelle in cui viene narrato l’omicidio) è talmente forte da spingere quasi ad abbandonare la lettura, il realismo e la crudezza con cui vengono resi i particolari è lacerante, e il senso di malessere è aumentato dal fatto che le parole sono quelle di una ragazzina, mancano le metafore volgari e mancano le parolacce, tutto il male sta nel racconto, nella narrazione, nel contenuto della vicenda.
Altrettanto azzeccato è il successivo dipanarsi della trama, vista e raccontata dal personale Cielo in cui la bambina è approdata, in cui si rende conto che anche gli altri defunti hanno un proprio Cielo, che non è scontato il fatto di incontrare le persone care che ci hanno lasciati, e che ci sono vari passaggi anche nell’aldilà, man mano che si diviene pronti ad abbandonare questa vita e le persone importanti che l’hanno popolata. Sotto questo punto di vista è addirittura geniale l’avvicinarsi della ragazzina al proprio padre, alla sorella, al fratellino e alla mamma che nel frattempo non reggendo al dolore sta cercando di ricostruirsi la vita lontano dalla casa in cui ha vissuto insieme a sua figlia.
La struttura sul piano narrativo è solida – aiutata, va detto, dal fatto che nessuno è mai venuto a raccontarci per esperienza diretta cosa accade di là – e le riflessioni sull’abbandono di questa vita contengono elementi struggenti e ottimi spunti di riflessione. A mio parere però c’è una contraddizione, un vero e proprio tradimento del cosiddetto patto con il lettore. Mi riferisco a quel patto che richiede una coerenza interna alla trama, pur nella narrazione di mondi fantastici o impossibili. E questo tradimento avviene quando a un certo punto la ragazzina morta “entra” nel corpo di una sua amica per fare all’amore con il suo fidanzatino di quando era viva. Questo a parere mio è un vero e proprio tradimento del patto con il lettore perché incrina la credibilità della storia. Chiunque può narrare un mondo sconosciuto, e il mondo dell’aldilà è il mondo più sconosciuto che esista, ogni ipotesi è giustificata e ha la medesima probabilità di qualsiasi altra di essere quella vera. Ma ciò avviene per la totale impermeabilità dei due mondi, i vivi da una parte e i morti dall’altra non si sfiorano nemmeno. In questo senso la narrazione di questo libro è perfetta fino a che i due mondi non entrano in contatto. Quando ciò avviene – per l’appunto nel momento in cui la morta si impossessa del corpo di una viva – nella narrazione irrompe una nota vagamente grottesca, il fidanzatino un po’ capisce un po’ no, l’amica “invasa” idem, fanno domande, ricevono risposte a metà, ma intanto la purezza dei due mondi e il senso del confine che li divideva è stata irrimediabilmente violata. Peccato.