Charles Bukowski - Donne - Tea
Il libro che ci si aspetta da un vecchio sporcaccione di talento come Bukowski: un resoconto quasi in forma di cronaca delle giornate e delle nottate dell’autore nei sobborghi di Los Angeles, città che – osservo per inciso – ricorre con una costanza sorprendente nella letteratura in cui mi capita di imbattermi in questo periodo.Non si contano le donne che entrano nelle pagine di questo libro in veste di amanti occasionali o (un po’) più stabili, così come non si contano le bottiglie di qualsiasi tipo di alcolico che i vari personaggi, a partire dal narratore, si scolano a tutte le ore del giorno e della notte. Costituiscono ugualmente una costante le vomitate come esito dell’abuso delle bottiglie di cui sopra, e fa la propria comparsa – in modo comunque misurato – anche qualche sostanza illecita.
Sullo sfondo poi c’è la scrittura, che sembra essere la vera compagna costante di Bukowski, che alterna scopate e ubriacature alla stesura di poesie o di pagine di libro, a reading o riflessioni di varia natura. E poi la sincerità: in tutte le relazioni, in tutte le situazioni in cui si caccia – e sono molte, e molto complicate – la sua natura lo porta sempre a non negare la realtà dei propri sentimenti, delle proprie intenzioni e anche delle cose o dei casini che ha combinato. Ed è ancor più interessante la reazione che genera questo comportamento nelle interlocutrici: esse infatti quasi mai reagiscono con rabbia; in linea di massima accettano il dato di realtà e semmai danno spazio ai propri sentimenti di dispiacere o magari dolore, ma sempre in un quadro di accettazione di quanto è accaduto. Trovo questa una dinamica interessante e anche istruttiva sulle relazioni che tante volte si complicano e diventano veri e propri calvari quando sono immerse nei silenzi e nel tentativo di edulcorare la verità. Un po’ come a dire che talvolta la verità può anche far male, magari malissimo, ma la menzogna è lacerante.