Anthony Kiedis - Scar Tissue - Mondadori
Anthony Kiedis è il frontman dei Red Hot Chili Peppers, probabilmente una delle band più interessanti negli anni a cavallo del millennio.In questo libro racconta al lettore la propria infanzia di figlio di genitori separati, dalla nascita in un paesino del Michigan all’arrivo a Los Angeles, quando è andato a vivere dal padre. Quest’ultimo, artistoide, sfaccendato e spacciatore lo inizia all’abuso di sostanze già a 12 anni.
Il seguito della vita – e del libro – è un racconto che si sviluppa su tre livelli.
Il primo livello riguarda il rapporto con la musica, o sarebbe meglio dire con la scrittura e lo spettacolo: come ebbe infatti a affermare John Frusciante, chitarrista storico dei Red Hot, la particolarità di Kiedis consiste nel non sapere nulla di musica, di non saper suonare alcuno strumento (sempre ammesso che la voce non lo sia), di non conoscere le note e non leggere gli spartiti. Questo, afferma Frusciante, permette a Kiedis soluzioni in termini di testi e melodie che a un esperto di musica non verrebbero mai in mente. Insomma, una delle storie di questo libro riguarda l’impatto che Kiedis ha avuto con i gruppi rock, rap, funky e metal, e il successivo sviluppo della sua carriera fino al successo planetario.
Il secondo livello, più sullo sfondo, è il rapporto con la droga e la tossicodipendenza, con cui Kiedis ha fatto i conti per molto tempo e con varie, rovinose ricadute. È l’occasione per alcune riflessioni sulla personalità rapace e utilitaristica del tossicodipendente e su qualche specifico limite proprio, anche se probabilmente non aiuta su questo argomento il taglio da reportage giornalistico del libro, che indugia più sull’elenco dei fatti e meno sulle riflessioni che a essi si accompagnano.
Il terzo livello ancor più sullo sfondo è la città Los Angeles, i suoi locali, le strade, i parchi, i luoghi dello spaccio. Non se ne parla molto in termini diretti, ma si percepisce il grande attaccamento nei confronti di questa città che diviene quasi un personaggio della narrazione, come John Frusciante, Flea o Hillel Slovak.
A proposito di Hillel Slovak: è stato il chitarrista storico dei Red Hot Chili Peppers prima di John Frusciante, ed è stato un grande amico di Anthony Kiedis. Eppure il racconto della sua morte occupa nel libro uno spazio marginale, limitato alla reazione ricevuta alla notizia (la fuga di Kiedis che rimane a farsi senza andare al suo funerale) e alla visita qualche tempo dopo alla sua tomba. Una pagina o poco più nelle 450 pagine dell’edizione italiana del libro. Non so se si tratti della difficoltà a affrontare la vicenda, oppure della volontà di mantenere uno spazio intimo e non condiviso o che altro, ma la cosa mi ha comunque sorpreso.
In conclusione non si tratta di uno dei libri che vorrò rileggere, mi sembra che abbia ecceduto nell’elencazione delle vicende anche secondarie e sia rimasto un po’ carente su un piano riflessivo, tranne forse che nelle ultimissime pagine. Dalla sua lettura rimane però il senso di una vita di eccessi e talento e tutta la fatica della lotta quotidiana contro il fantasma della dipendenza nella città che degli Angeli ha solo il nome.