Qual è il senso di una sezione in cui si commentano libri - la maggior parte dei quali di narrativa - in un sito di Psicoterapia e Mediazione Familiare?
Apparentemente nulla. Ci si aspetterebbero commenti sulla depressione o sull'ansia, ma i libri cosa c'entrano?
La mia opinione è che i libri c'entrano eccome.
Come lettore mi aprono a mondi plurimi rispetto al ristretto orizzonte della mia vita quotidiana.
Come terapeuta mi raccontano vicende, modi di pensarle e affrontarle che tanta similitudine hanno con le storie che sento ogni giorno nel mio lavoro.
E mi permettono di imparare, pagina dopo pagina.

Gli Scrittori Criminali negli Stati Uniti del XX Secolo

Una minicorrente letteraria di grande interesse è quella costituita dai cosiddetti scrittori criminali. In particolare, negli Stati Uniti, i più conosciuti sono 3.
Si tratta di Jack Abbott (1944 – 2002), Caryl Chessmann (1921 – 1960) e Edward Bunker (1933 – 2005). Ciò che è costante nelle loro vicende – forse paradossale, forse no – è il fatto di essere stato aiutati a sviluppare la propria vena creativa grazie alla lunga permanenza in carcere.
Jack Abbott per esempio vi ha passato la maggior parte della propria vita, prima per reati minori, poi per l’omicidio di un altro detenuto.

La sua passione per la scrittura unita a grandi capacità, lo hanno fatto entrare in contatto con Norman Mailer, che lo ha aiutato a pubblicare il suo libro più importante, “Nel Ventre della Bestia”, che ebbe un impatto formidabile nella cultura dell’epoca in America e non solo e contribuì a fargli ottenere la libertà sulla parola. Appena sei settimane dopo essere uscito di prigione, Abbott uccise un cameriere durante una lite, e venne rinchiuso nuovamente in prigione dove morì suicida nel 2002.
Caryll Chessmann ha vissuto una vicenda in parte diversa. Anche lui incallito delinquente fin dalla più tenera età, nonostante buone capacità scolastiche, venne arrestato con l’accusa di essere “il bandito della luce rossa”, un violentatore che fermava le coppie utilizzando un lampeggiante simile a quello della polizia. Il processo fu controverso e pieno di irregolarità, a Chessmann venne proposto di dichiararsi colpevole e ottenere una semplice pena detentiva, si impuntò, volle andare in giudizio e difendersi da solo. Venne condannato a morte grazie alla “legge del Piccolo Lindbergh” che prevedeva la pena di morte per rapimento a fine di violenza anche in mancanza di omicidio. In carcere nel braccio della morte scrisse il suo romanzo più famoso (“Cella 2455, Braccio della morte”), in cui ha raccontato la propria vita e la successiva battaglia legale per sopravvivere, un vero best seller mondiale negli anni Cinquanta. Dopo dodici anni di battaglie legali, il 2 maggio 1960 venne giustiziato.
Edward Bunker è invece l’esempio del successo. Criminale incallito e tutto sommato mai pentito, ha affiancato la passione per il crimine a quella per la scrittura. Ciò gli ha permesso di scrivere parecchi libri di successo (tra i quali la propria autobiografia “Educazione di una Canaglia”) e – una volta scontati i propri anni di reclusione – diventare un apprezzato scrittore, sceneggiatore e attore (ha lavorato con Dustin Hoffmann e recitato nel film “Le Iene” di Quentin Tarantino), morendo infine di malattia nel 2005.
Le loro vicende umane - estremamente significative di un’epoca - ripropongono come la loro scrittura gli elementi alla base della vita: lotta, trasgressione, rischio e ingiustizie (inflitte o subite). Il tutto ovviamente con l’aggiunta di costanti violazioni della legge.
Nei tre interventi che seguono qui sotto verranno recensite le loro tre principali opere.