Qual è il senso di una sezione in cui si commentano libri - la maggior parte dei quali di narrativa - in un sito di Psicoterapia e Mediazione Familiare?
Apparentemente nulla. Ci si aspetterebbero commenti sulla depressione o sull'ansia, ma i libri cosa c'entrano?
La mia opinione è che i libri c'entrano eccome.
Come lettore mi aprono a mondi plurimi rispetto al ristretto orizzonte della mia vita quotidiana.
Come terapeuta mi raccontano vicende, modi di pensarle e affrontarle che tanta similitudine hanno con le storie che sento ogni giorno nel mio lavoro.
E mi permettono di imparare, pagina dopo pagina.

Philip Roth - Lamento di Portnoy – Einaudi

Innanzi tutto una notazione di tipo stilistico: così come “La Caduta” di Camus e per certi versi “Lettera al Mio Giudice” di Simenon, nel “Lamento di Portnoy” siamo di fronte a una narrazione che si sviluppa integralmente in forma di monologo, con tutte le difficoltà che ciò a mio parere comporta. Non c’è un io narrante che racconta al lettore la propria vita o una determinata vicenda, ma un personaggio che si rivolge a un interlocutore e gli racconta l’intero sviluppo del racconto. In questo caso il giovane ebreo Portnoy parla al proprio psicoanalista e racconta la propria vita nel corso delle varie sedute. Va detto che l’espediente non è spinto ai livelli estremi cui riesce ad arrivare Camus, nel cui libro i dialoghi sono praticamente inesistenti: qui ci sono, ma sempre inseriti nella narrazione di Portnoy al proprio terapeuta.

Portnoy è un trentatreenne nato in una famiglia ebraico americana negli Stati Uniti. Non solo non è praticante, ma è francamente ateo, vive la propria esistenza al solo scopo apparente di riuscire ad accoppiarsi con qualsiasi donna si avvicini al proprio raggio di influenza; ma ancora di più cerca di affrancarsi dalla propria cultura d’origine.

Nel corso della vicenda racconta la propria evoluzione da incallito masturbatore a single donnaiolo, particolarmente interessato a donne non ebree, ben consapevole (o forse al solo scopo) di infliggere un immenso dolore alla propria famiglia di origine che lo vorrebbe accasato con una ragazza ebrea, secondo una tradizione accolta e difesa.

Lui no, quella tradizione è una gabbia insopportabile e vorrebbe liberarsene in modo definitivo. Ma come spesso succede la gabbia è troppo stretta, non basta allontanarsi fisicamente dal proprio paesello di origine trasferendosi a New York, non basta praticare conoscenza e frequentazioni al di fuori della fede con cui si è cresciuti, l’ebraismo persiste al di là di ogni speranza di emancipazione e al di là della voglia di libertà del protagonista.

Si è molto parlato del rapporto di Roth con il sesso e con i sessi. Un’interessante interpretazione dei suoi libri rileva la costante presenza di donne manipolatrici e bugiarde, e uomini ossessionati dal sesso e dalla morte. “Lamento di Portnoy” mi sembra perfettamente in linea con questa chiave di lettura.